Pubblichiamo la traccia di una relazione di Vittoria Longoni alla Libreria delle donne di Milano, in occasione della presentazione di Saffo & Merini, Ed. Asterios, autrici Angela Villani e Franca Longo



SAFFO E NOI

Vittoria Longoni




Saffo è, per tutte noi, madre e maestra. Alda Merini ha letto i suoi frammenti nella traduzione di Quasimodo e fra poco sentirete quanto abbiano fatto parte di lei e come abbiano alimentato la sua poesia. Ma c’è un più generale “effetto Saffo”, per Alda e per tutte le donne che hanno incontrato la cultura greca o comunque risentito dei suoi portati e quindi avvertito, anche senza conoscere la poetessa di Lesbo,  un effetto straordinario di incoraggiamento, di potenziamento della scrittura e del ruolo culturale delle donne, della creatività autonoma al femminile e della relazione personale tra  le donne.
Saffo è la prima poetessa di cui conosciamo il nome, una parte della storia e una parte della produzione poetica (solo una minima parte, purtroppo). Che nella tradizione culturale della grecità, così incentrata sul maschile, ci sia un riconoscimento unanime della grandezza di questa parola poetica femminile, è un fatto che ha aperto  possibilità a tutte noi. A Lesbo, tra il 630 circa e i primi decenni del VI secolo, c’era spazio per una pratica culturale, affettiva, erotica e sacrale delle donne tra di loro, almeno per quanto riguarda un’élite (il “tìaso” di Saffo). Donne che imparano e praticano tra di loro la poesia, la musica, la danza; la loro voce è autorevole nella comunità dell’isola, la loro amicizia non viene meno neppure quando le ragazze lasciano il “tìaso “ per andare a nozze: tra di loro continua, anche nella lontananza, un profondo legame di memoria, di affetto e di comunicazione, e le poesie  ce ne danno testimonianza.. A queste donne i “doni della Pieria”, cioè i doni delle Muse, concedono una forma di permanenza ben oltre la morte.  Il tìaso ha dato loro grazia, armonia, cultura, piena femminilità, ha consentito loro di riconoscere il proprio corpo e il proprio piacere nella relazione reciproca e nel rapporto con la “maestra” Saffo. Certo non è stata l’unica esperienza di questo tipo nel mondo greco, ma è l’unica di cui abbiamo così piena testimonianza, in un luogo (l’antica isola di Lesbo, affacciata al vicinissimo mondo orientale) e in un momento storico (a cavallo tra VII e Vi secolo) che  dato uno spazio alle donne ( almeno a quelle dell’aristocrazia) in una forma che non verrà replicata nella pur interessante e successiva esperienza della democrazia greca.
Per questo Saffo sta, nella sua autorevolezza, nella sua grazia, come una grande figura di riferimento che ci aiuta ad autorizzarci reciprocamente nelle sue stesse direzioni. Saffo non esprime disprezzo o conflitto col mondo maschile: ha una padre e una madre, un marito e una figlia, almeno due fratelli, di cui si occupa e si preoccupa (anche i recenti ritrovamenti papiracei ci testimoniano le sue relazioni col fratello Carasso, che per amore di un’etera sta perdendo la testa e dilapidando il patrimonio familiare, e con il più piccolo, Larichos, ancora un ragazzo). Ha una figlia, chiamata Cleide come la nonna, che costituisce il suo tesoro più prezioso. Come in un momento di miracoloso equilibrio, in lei non c’è ostilità o competizione col maschile, ma una piena a calma padronanza di sé e della propria voce. A volte compare la competizione con altre donne dell’isola, ma per stimolare tutte a crescere nella poesia e nella grazia del portamento. Il tema dell’amore-passione tra donne ha una  indubbia centralità nella sua lirica, ma coesiste con l’espressione anche di altri amori e di altre tematiche.
A prima vista, sembra che tra Saffo e la Merini non ci sia nulla in comune. La poesia di Saffo porta, nella tradizione, il timbro di una grazia perfetta che sembra stridere col mondo angosciato e spesso degradato di Alda. Andando più a fondo, possiamo dire però che anche nelle liriche di Saffo c’è spazio per il dolore e il tormento nell’esperienza erotica, per i suoi tratti di follia. Ma l’eros resta comunque l’esperienza più vitale, la vera forza della natura che fa osare/sopportare tutto, la “belva dolceamara, indomabile” che va accolta nella sua potenza, invocando la dea Afrodite perché non sia distruttiva. Certo Saffo mette sempre in equilibrio i diversi aspetti della condizione umana, e femminile: se ci parla del suo degrado fisico di donna anziana,  si consola però con la pratica della poesia e con l’invito a danzare rivolto alle ragazze, le cui ginocchia sono ancora agili come cerbiatti. La tradizione epica che assegna un destino tragico alla coppia di Andromaca e di Ettore non le impedisce di celebrare in uno dei suoi epitalami la gioia e lo splendore delle nozze  tra i due mitici coniugi. I sentimenti di ostilità  e di rivalità tra le donne vengono espressi senza che ciò sminuisca l’importanza centrale e creativa di queste relazioni. Nella poesia di Alda Merini, i riferimenti a Saffo sembrano costruire uno spazio di salvezza e di armonia: Alda cerca i fili d’erba nei  cortili di Affori come l’antica poetessa greca va cercando fiori d’oro nei prati della sua isola.

 

12-2-2014